QUANTO DURANO LE PROTESI DI ANCA E DI GINOCCHIO

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QUANTO DURANO LE ARTROPROTESI DI ANCA E DI GINOCCHIO ?
Con l’evoluzione dei materiali e delle tecniche chirurgiche si è assistito ad un significativo aumento di sopravvivenza degli impianti nel tempo .  


“Dottore, ma quanto durano le protesi ?” Questa è una domanda che frequentemente mi viene posta dai Pazienti che dovranno sottoporsi ad un intervento di artroprotesi di anca o di ginocchio. 
Spesso, l’attenzione del Paziente è tutta concentrata sul materiale della protesi e sulla sua possibile usura, poiché un tempo era questo l’anello debole nonché  la causa più frequente di fallimento dell’impianto. 
L’intervento di artroprotesi consiste nel sostituire le strutture anatomiche dell’anca o del ginocchio , ormai danneggiate, con l’impianto di componenti protesiche che permettono di restituire all’articolazione la sua funzionalità e risolvere il dolore . 
Nell’anca, viene asportata la testa del femore ed impiantata una coppa nell’acetabolo ed uno stelo all’interno del canale femorale, sul collo dello stelo viene incastrata una testina e nel neo cotile un inserto; in questo modo la testina ruota nel suo inserto sferico e permette all’anca di muoversi. Nelle prime generazioni di artroprotesi, la testina ed il suo inserto erano in lega di metallo e quindi il continuo sfregamento di questi materiali durante il movimento dell’anca, produceva dei detriti microscopici in grado di infiltrarsi nell’osso e nelle strutture capsulari, creando una infiammazione e  progressivo allentamento meccanico della protesi, con conseguente fallimento dell’impianto e necessità per il Paziente di sottoporsi ad un nuovo intervento .   
Negli ultimi 10 anni, l’accoppiamento metallo-metallo ha ceduto il posto a nuovi materiali: il polietilene , materiale simile alla plastica ottenuto da una particolare lavorazione industriale, e la ceramica per uso biomedico; i nuovi accoppiamenti polietilene – ceramica, e ceramica - ceramica hanno un bassissimo coefficiente di usura ed hanno contribuito a conferire  all’impianto una sopravvivenza maggiore. 
Lo sviluppo di steli protesici più piccoli e meno invasivi, ha permesso inoltre minore aggressività sulle strutture ossee, e la possibilità di impiantare l’artroprotesi con tecniche mini invasive, molto meno traumatizzanti sulle strutture muscolari, con conseguente beneficio sulla ripresa del Paziente. L’utilizzo di testine di maggior diametro ha permesso , oltre ad una riduzione del rischio di lussazione tra testa ed acetabolo , migliori prestazioni in termini di movimento dell’anca . Recentemente sono stati introdotti nel marcato anche degli inserti in polietilene arricchiti con vitamina E, che sembrerebbe svolgere un azione di prevenzione e riduzione delle possibili infezioni.
L’evoluzione dei materiali non ha solo permesso di ridurre l’usura delle superfici di contatto ma anche di migliorare l’integrazione tra la protesi e l’osso. 
Nel’intervento di artroprotesi del ginocchio, viene impiantata una componente femorale che riproduce la struttura del femore distale, ed un piatto tibiale a livello della tibia prossimale, tra queste due strutture viene inserito un inserto in polietilene che consente la piena congruenza con la parte femorale, permettendo quindi al ginocchio di piegarsi ed estendersi . 
L’evoluzione nei processi produttivi e la ricerca biomedica, hanno consentito di migliorare non solo i  materiali impiegati per la costruzione ma anche il “design”,  cioè il disegno e la forma della protesi. Nella chirurgia protesica del ginocchio si sono sviluppati modelli sempre più vicini alla conformazione anatomica, che permettono quindi un significativo miglioramento dell’articolarità e funzionalità sempre più somiglianti all’articolazione natia. Cosi come nell’anca, anche nel ginocchio, i materiali si sono  evoluti. Oggi, oltre a disporre di inserti in  polietilene trattati con particolari procedure industriali che risultano particolarmente resistenti all’usura nel tempo, abbiamo anche la possibilità di impiantare artroprotesi anallergiche per Pazienti con documentate allergie ai metalli. 
Si può quindi affermare, che le artroprotesi attualmente disponibili sul mercato, sia per quanto riguarda l’anca che il ginocchio, offrono  notevoli garanzie in termini di qualità dei materiali ed integrazione con le strutture ossee. 
I materiali costituitivi tuttavia, non sono l’unico elemento da considerare per valutare un possibile fallimento della protesi stessa. Vanno considerati altresì,  fattori legati al Paziente stesso: come l’obesità, le attività sportive o lavorative traumatiche, l’osteoporosi e le infezioni precoci o tardive, che possono ridurre i tempi di durata della protesi.  E’ da sottolineare che il successo nel tempo,  è anche legato alla tecnica chirurgica,peraltro molto migliorata nel corso degli anni, questa deve essere precisa e meticolosa e permettere  un corretto posizionamento  delle componenti in modo che queste possano lavorare in modo omogeneo ed armonico. Infatti un fattore fondamentale per la longevità dell’artroprotesi è proprio che lavori con una corretta meccanica ed in modo stabile; questo avviene quando le componenti sono ben posizionate, le strutture legamentose correttamente bilanciate dal chirurgo e le strutture muscolari tonificate con particolari programmi fisioterapici .  
Tornando alla domanda iniziale sulla durata delle protesi, possiamo rispondere con i dati estratti dai registri implantologici , cioè  dalle banche dati dove vengono inseriti i dati relativi ai Pazienti  operati di artroprotesi, nonché le specifiche tecniche delle protesi impiantate. Questi  registri permettono una analisi dei risultati nel tempo. In Emilia Romagna è presente un registro implantologico da circa 15 anni,  i cui  dati sulla sopravvivenza ci permettono di affermare, sia pure con le semplificazioni del caso, che su 100 Pazienti che hanno impiantato una artroprotesi di anca negli ultimi 15 anni, ben 97 non hanno avuto necessità di rimuoverla. Per quanto riguarda il ginocchio invece,  su 100 Pazienti sottoposti ad intervento di artroprotesi  oltre 94  non si sono dovuti sottoporre ad un intervento di reimpianto .   
In conclusione, si può quindi affermare che i dati disponibili documentano un ottima sopravvivenza degli impianti a 15 anni, con tassi di fallimento inferiori al 5%,  considerando che le protesi impiantate in questi ultimi anni hanno caratteristiche tecniche senza dubbio superiori a quelle di circa due decenni fa,  la durata delle protesi è destinata a salire ben oltre i 20 anni .